Lo sciopero del 3 ottobre continua a far discutere. La spaccatura politica nata a seguito della sua legittimità o meno non sembra aver trovato ancora una fine. E si prevedono perfino sanzioni per chi ha aderito. Perché?
Il 3 ottobre 2025 i sindacati Cgil e Usb hanno proclamato uno sciopero generale come risposta all’intercettazione della Global Sumud Flotilla, avvenuta a meno di 70 miglia da Gaza, in acque internazionali, per mano delle forze navali israeliane.

In Italia lo sciopero è un diritto fondamentale sancito dall’articolo 40 della Costituzione. Cosa si intende per sciopero? Trattasi di un’astensione presa di concerto da un gruppo di lavoratori dipendenti per esercitare una pressione nei confronti del datore di lavoro e tutelare così i propri interessi economici, sindacali, politici o sociali.
Una scelta che comporta, come conseguenza, il mancato riconoscimento della retribuzione per le ore di astensione. La Commissione di garanzia, chiamata a valutare la legittimità dello sciopero del 3 ottobre scorso, ha dichiarato l’astensione dal lavoro illegittima, poiché non conforme all’obbligo di preavviso stabilito dalla Legge n. 146 del 1990.
I sindacati hanno immediatamente preso le distanze da tale decisione sostenendo, a loro volta, che lo sciopero rientrava nella difesa dei valori costituzionali di pace e dei diritti umani. Sostanzialmente cosa stabilisce la Legge n. 146 del 1990?
La legge 146 del 1990 parla chiaro, occhio al portafoglio
L’articolo 2 della Legge 146 del 1990 prevede che i lavoratori intenzionati ad aderire allo sciopero debbano fornire un preavviso minimo di 10 giorni.

Una norma che prende l’abbrivio dall’assoluta necessità di conciliare due principi costituzionali: da un lato il diritto allo sciopero, come detto sancito dall’articolo 40 della Costituzione, dall’altro garantire i servizi essenziali legati a diritti fondamentali dei cittadini quali la salute, la sicurezza, l’assistenza sociale e l’istruzione.
Nel caso dello sciopero proclamato il 3 ottobre 2025 le sigle sindacali lo ritengono legittimo poiché, a loro giudizio, l’Italia avrebbe violato i limiti costituzionali riguardanti la pace e per il prosieguo della collaborazione con Israele. Nei confronti dei sindacati dei lavoratori che proclamano uno sciopero la Legge. 146/1990 dispone queste conseguenze:
“sono sospesi i permessi sindacali retribuiti ovvero i contributi sindacali comunque trattenuti dalla retribuzione, ovvero entrambi, per la durata dell’astensione stessa e, in ogni caso, per un ammontare economico complessivo non inferiore a euro 2.500 e non superiore a euro 50.000 tenuto conto della consistenza associativa, della gravità della violazione e della eventuale recidiva, nonché della gravità degli effetti dello sciopero sul servizio pubblico;
le medesime organizzazioni sindacali possono altresì essere escluse dalle trattative alle quali partecipino per un periodo di due mesi dalla cessazione del comportamento; i contributi sindacali trattenuti sulla retribuzione sono devoluti all’Istituto nazionale della previdenza sociale, gestione dell’assicurazione obbligatoria per la disoccupazione involontaria”. (brocardi.it).
Finirà davvero così?